IL MIO CREDERE.... OGGI

 

Penso, come del resto tante persone, che ogni via religiosa possa, in prima battuta, far nascere e sviluppare in ogni individuo un senso religioso, inteso come la via iniziale per l’accesso alla vita spirituale.

Parto da un’intuizione molto semplice, forse scontata e sottovalutata nella sua banalità; ovvero: spesso nella ricerca religiosa si è portati ad un approccio di pensiero Cristiano, probabilmente perché la nostra educazione nasce dall’incontro di persone vissute in un tessuto sociale prettamente Cristiano, da genitori Cristiani e così si ha la tendenza ad approfondire il Cristianesimo piuttosto che altre religioni; ovviamente se fossimo nati altrove confesseremmo altre fedi. Pur contento di appartenere alla mia tradizione di fede, ritengo che la nostra costituisca uno dei diversi modi esistenti, ricco come altri, di immaginare Dio e di fare esperienza di Lui. 

Per quanto mi riguarda, una prima difficoltà del mio  credere la riscontro nel confronto con il nostro Magistero ufficiale con il quale, spesso, mi trovo in disaccordo, per esempio quando dice che noi, in quanto Chiesa Cattolica, abbiamo maggiore pienezza di verità o di strumenti di salvezza rispetto alle altre religioni.

In secondo luogo ritengo, così come afferma il teologo H.Kung, che "la fede in Dio non sia un dimostrare razionale né un sentire irrazionale e neppure un atto decisionistico della volontà e che credere sia semplicemente un fidarsi ragionevole, che non dispone certo di prove stringenti, ma di buone ragioni, che include pensiero, interrogativi e dubbi, e che riguarda contemporaneamente ragione, volontà e sentimento”. E questo vale per qualsiasi professione di fede.

Un po’ come per noi, che innamorati, dopo alcuni dubbi, ci siamo abbandonati all’amore verso l’altro senza alcuna prova stringente per la sua fiducia, ma certamente avendo delle buone ragioni. 

Personalmente mi risulta ancora difficile aprirmi a Dio , la mia razionalità spesso prevale: il mistero è qualcosa che mi interessa, mi invade, mi tormenta e che avvolge la mia esistenza . Questo mistero  mi induce però al raccoglimento che mi spinge a prendere contatto con una realtà invisibile che continuamente mi interroga. E' la mia speranza, ma è ancor più una presenza che mi si impone, che mi chiama a impegnare tutta la mia vita e a chiedermi che la mia anima, la mia coscienza, la mia intelligenza, la mia volontà, la mia spiritualità mi mantenga in questa speranza, nell’attesa di giungere alla vera natura delle cose, alla vera comprensione, alla pienezza della vita.

Nel raccoglimento io mi concentro, e in questa concentrazione porto con me ciò che sono e ciò che la mia vita non è. Questo è un mio modo di aprirmi a Dio: essere in permanente ricerca, probabilmente sempre con le stesse domande, ma ad un livello probabilmente diverso, più alto, proteso a trovare una via interamente orientata alla trascendenza. Un’avventura difficile, ma per me necessaria, perchè questo mistero non è un’eco lontana, ma una voce che mi chiama incessantemente. Rispondere a questa voce, pur con i miei pochi mezzi, mi permette di vedere le cose con una modalità più penetrante e più autentica , riconoscendo al fondo di esse, la loro sorgente originaria. E'questa, per ora, la mia più grande esigenza.

 

 

                                                 Gennaio 2002