“Analizzate tutto, tenete ciò che è buono”, S. Paolo.

Prima di dire quello che si pensa, come tanti sbandierano, scambiando la maleducazione con la schiettezza, o la semplicità, che è una conquista, con l’ingenuità, bisognerebbe pensare a quello che si dice: “Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero” (Florenskij). Ma il pensiero critico è visto con sospetto, perché toglie tranquillità.

Troppo spesso oggi l’uomo non è in grado di ascoltare veramente né il prossimo, né sé stesso, perché diventa sempre più difficile fare il vuoto dentro di sé: il mondo impone il pieno in tutti i campi: nella parola (logorroicità), nel cibo (obesità), nel sesso (cosificazione dell’altro), nella pseudo-informazione (non si riesce a farsi un’idea chiara dei temi più scottanti e importanti), nella religione (troppi discorsi moralistici, troppi giochi di potere e pochi testimoni, i più efficaci), ecc. L’uomo si ritrova a non sapere quello che vuole, perché non conosce se stesso e non cerca neppure di compiere questo compito vitale e inesauribile: vuole soltanto quello che gli altri fanno o fa soltanto quello che gli altri vogliono o peggio ancora dice e pensa ciò che gli altri dicono e pensano: ha una “struttura avida di sottomettersi a un’autorità” (Wilhelm Reich). In un’epoca come la nostra, del vuoto di senso, è indispensabile avviare un discorso di resistenza quotidiana all’assuefazione al brutto in tutti i sensi, esercitarsi ogni giorno a “dire sì alla vita” (Nietzsche), persino nei momenti tragici o negativi del nostro cammino con un’azione qualificata: “Abituatevi, educate voi stessi a fare tutto ciò che fate perfettamente, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente di impreciso, non fate niente senza provarvi gusto, in modo grossolano. Ricordatevi che nell’approssimazione si può perdere tutta la vita, mentre al contrario, nel compiere con precisione e al ritmo giusto anche le cose e le questioni di secondaria importanza, si possono scoprire molti aspetti che in seguito potranno essere per voi fonte profondissima di un nuovo atto creativo” (Florenskij). E questo è possibile solo entrando in rapporto con la nostra interiorità per sapersi orientare nel presente e conseguire quella concretezza di giudizio e d'azione che ci rende liberi pensatori: “concentrazione all’interno per il servizio all’esterno” (Bonhoeffer), con l’aiuto di grandi pensatori, come quelli citati, perché più si è ignoranti e più si è manipolabili. E allora ricordiamo anche Kant che in un articolo del 1784 intitolato Risposta alla domanda: cos’è l’illuminismo, scriveva: “L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo”.