Per l'arcivescovo Angelo Amato la parola spiritualità, prima di essere una categoria teologica, appartenente cioè alla sfera religiosa, è una categoria antropologica. Riguarda cioè l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo. Così ha scritto:

Prima di un suo significato cristiano, c’è un suo pre significato umano, che pone in risalto lo ‘spirito’ centro animatore di ogni persona umana. Auto comprendendosi come spirito, l’uomo rivela la globalità del suo essere, armonizzando anima e corpo, interiorità ed esteriorità, essere e agire”.

Ci può essere quindi (e questo spiega l’uso sempre più vasto del termine in questione) anche una spiritualità senza religione o al di là di una strutturazione religiosa così come afferma Enzo Bianchi: “C’è posto anche per una spiritualità senza religione, senza Dio. ."

La spiritualità ha vari gradi d’espressione e di profondità. Può essere sviluppata o immatura, sana o patologica, benefica o pericolosamente distorta. Ecco perché ognuno percepirà la spiritualità soggettivamente e sarà lo specchio di “ciò che è” spiritualmente.

Essa non ha nulla a che vedere con l’appartenenza ad una confessione religiosa.

La spiritualità implica la capacità di comprensione profonda delle domande esistenziali e la visione di livelli molteplici di coscienza.
 Emerge con l’evoluzione della coscienza verso una consapevolezza sempre più profonda della materia, della vita, del corpo, della mente, dell’anima e dello spirito.
Essa è qualcosa di più che una capacità mentale individuale; essa sembra connettere il personale al transpersonale e il sé allo spirito. Può essere sviluppata attraverso una varietà di pratiche atte ad allenare l’attenzione, trasformare le emozioni e coltivare un comportamento etico.
La spiritualità comporta una profondità e ampiezza di visione che include un ampio spettro di prospettive e molteplici forme di conoscenza. Inoltre, la maturazione spirituale implica la connessione della vita interiore della mente e dello spirito alla vita esteriore dell’azione e del servizio nel mondo.
La pratica spirituale può rendere più profonda la capacità d’amore e compassione, saggezza e trascendenza. Il suo sviluppo dipende dall’espansione della coscienza.”(Vaughan).

 È indubbio però che la parola spiritualità sia usata specialmente in campo religioso e specificatamente nell’ambito delle religioni (interessate in primis al rapporto con il Trascendente), e specialmente del Cristianesimo. Lo studioso Kees Waaijman ha scritto: “La spiritualità tocca il nucleo centrale della nostra esistenza umana: la nostra relazione con l’Assoluto”. È proprio a questo problema dell’esistenza o non esistenza di un qualche Assoluto che sembra non sfuggire nessun uomo pensante.

Una definizione (ampia) di spiritualità, divenuta ormai classica, ci viene da un grande e rinomato teologo, Hans Urs von Balthasar. Eccola: “Spiritualità è l’atteggiamento fondamentale, pratico ed esistenziale di un uomo, atteggiamento che viene assunto come conseguenza ed espressione della sua fede religiosa; oppure in termini più generali, come espressione della sua interpretazione eticamente impegnata dell’esistenza”. Come si vede ci può essere una fede religiosa oppure semplicemente un riferimento etico superiore, cioè indirizzato al bene e a fare il bene anziché il male al prossimo, che poi, nell’ottica cristiana significa un riferimento indiretto a Dio, sommo Bene che vuole il bene di tutte le sue creature, a cominciare dall’uomo.

 

                                                          agosto 2012